[Intervista] DISEASE ILLUSION
I Disease Illusion sono una formazione ormai ben rodata nel panorama metal italiano, con tre full-length all'attivo e una attività live costante. Li abbiamo intervistati, anche in virtù della loro ultima uscita discografica, "Plastic Ocean", per saperne di più.
1. Ciao, presentate la vostra band ai nostri lettori!
Ciao a tutti i lettori di Music Interceptor! Noi siamo i Disease Illusion, band melodic death metal attiva da Bologna dal 2008. Il nostro sound unisce melodie oscure ed elementi moderni a un impatto sonoro aggressivo, senza mai rinunciare alla ricerca melodica. Dopo anni di concerti, cambi di formazione e crescita artistica, siamo arrivati al nostro ultimo lavoro Plastic Ocean, che rappresenta bene l’evoluzione che abbiamo intrapreso.
2. Processo compositivo. Parliamone un po'.
Il processo compositivo è un lavoro di squadra. Solitamente si parte da un’idea musicale sviluppata da uno dei chitarristi, poi arrangiata insieme in sala prove o in home studio, con l’apporto di tutti, fino a trovare la giusta identità del brano. C’è grande attenzione alla struttura e alla dinamica, alternando momenti più diretti ad altri più atmosferici, per dare respiro alle canzoni. La voce viene lavorata spesso alla fine, quando l'atmosfera del pezzo è chiara, ma può succedere anche che si parte dal testo per costruirci sopra le atmosfere adatte a trasmettere al meglio il messaggio delle lyric.
3. Testi: chi li scrive e cosa trattano?
I testi vengono scritti dal nostro cantante. Il focus è spesso introspettivo e psicologico: ci piace scavare nel disagio, nei pensieri disturbanti, nei conflitti interiori. In Plastic Ocean abbiamo allargato la visione anche a tematiche ambientali e sociali, cercando sempre un taglio personale e riflessivo. Cerchiamo di raccontare qualcosa che vada oltre lo slogan, con immagini evocative e aperte all’interpretazione, dando messaggi forti e chiari che scatenino una riflessione e una reazione emotiva.
4. Cosa pensate di offrire in più sul palco rispetto al lavoro in studio?
Dal vivo tutto si trasforma. L’energia si amplifica, il suono è più ruvido, più diretto. Cerchiamo di trasmettere la stessa intensità dei brani ma con una carica emotiva maggiore, alimentata dall’interazione col pubblico. Sul palco c’è spontaneità e un certo grado di imprevedibilità che rende ogni show unico. È lì che la musica prende davvero vita e si rende reale fuori dagli schermi e da virtuale.
5. Come valutate la scena rock e metal italiana di oggi?
La scena italiana è viva e in fermento, anche se spesso costretta a muoversi in contesti difficili. Ci sono molte band valide che meriterebbero più visibilità. Quello che manca, più che il talento, è un’infrastruttura solida che possa sostenere gli artisti nel lungo periodo. I festival underground e le realtà locali fanno un grande lavoro, ma servirebbe una maggiore apertura da parte del pubblico e dei media mainstream, così come un bel cambio di direzione dell’utenza media, per ridare alla musica la sua dignità riportandola a una dimensione artistica che vada al di là dell’usa e getta.
6. Quali obiettivi volete raggiungere ancora con i Disease Illusion che pensate siano ancora possibili da raggiungere?
Vogliamo portare la nostra musica a più persone possibile, suonare in contesti sempre più grandi e magari anche all’estero con maggiore continuità. Ci piacerebbe collaborare con artisti affini e sperimentare nuove sonorità, mantenendo però il nostro stile. L’obiettivo resta quello di crescere artisticamente e umanamente, disco dopo disco, palco dopo palco.
7. Come rapportate il vostro ultimo album rispetto ai precedenti? Quali sono le differenze più grandi?
Plastic Ocean rappresenta un punto di svolta per noi. È più maturo, più curato nei dettagli e nelle atmosfere. Rispetto ai lavori precedenti c’è una maggiore attenzione alla melodia e all’arrangiamento, senza però perdere l’aggressività di fondo. Abbiamo lavorato molto sulla produzione e sul concept, cercando un equilibrio tra istinto e razionalità. È un disco che ci rappresenta pienamente oggi.
8. Quali sono le band che più vi hanno influenzato?
Le influenze sono tante e diverse tra i vari membri, ma possiamo citare band come Dark Tranquillity, In Flames, Soilwork, At the Gates, ma anche gruppi più moderni come Architects o Gojira. In generale siamo sempre stati attratti da chi riesce a unire aggressività e profondità emotiva, senza cadere nel già sentito. Ogni band e ogni genere può essere e deve essere fonte di ispirazione e influenza, l’importante a nostro modo di vedere è mantenere alto il livello di interesse e qualità dell’opera finale.
9. Meglio il metal di una volta o quello di oggi? E come se la passa l’Italia secondo voi?
Ogni epoca ha i suoi punti forti. Il metal degli anni ’90 e 2000 ha creato capolavori che ancora oggi sono riferimento, ma il metal di oggi ha una varietà stilistica enorme e tante produzioni valide. In Italia c’è ancora molta passione, anche se spesso si fatica a uscire dai soliti circuiti. Il potenziale c’è, serve più coraggio e più supporto reciproco, tra band, organizzatori e pubblico.
10. Che programmi avete in questo periodo e per il futuro?
Dopo l’uscita di Plastic Ocean abbiamo avuto diverse date live, tra cui il Southammer Fest a giugno. Ora stiamo lavorando a nuovi brani e stiamo valutando altre date, anche fuori Italia. C’è l’idea di rilasciare nuovi contenuti, magari un singolo o un video, per mantenere viva l’attenzione e continuare il percorso evolutivo iniziato con l’ultimo album.
11. Abbiamo finito, i saluti finali a voi.
Grazie a Music Interceptor per lo spazio e a tutti voi che ci seguite o che ci scoprirete attraverso quest’intervista. Continuate a supportare la scena metal, andate ai concerti, comprate i dischi e fatevi sentire. Se volete contribuire a rendere questo pianeta un po’ più respirabile e verde potete piantare un albero nella nostra foresta di Treedom; ad ogni albero piantato vi mandiamo una maglietta dal nostro merch. Qui di seguito il link:
Ci vediamo sotto il palco!
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