[Recensione] ROME IN MONOCHROME "Away From Light"
Full-length, BadMoodMan Music
(2018)
La malinconia è un sentimento nobile, e sia nel presente che nel passato ha trovato diversi ambiti in cui essere espressa. Che sia la letteratura, la musica o altre forme d'arte, spesso i suoi interpreti riversano il proprio animo più meditativo e triste nelle loro opere attraverso di essa, e a volte ne vengono fuori dei veri capolavori. Il caso vuole che anche questa volta io mi trovo davanti una band tutta italiana come i Rome In Monochrome ad ergersi come potenziale vincitrice di una ipotetica lista di gruppi "hot" di questo 2018 che è solo al suo inizio, ma che ci (ri)consegna questa splendida band di Roma in tutta la sua bellezza struggente. Potremmo anche parlare proprio del monicker anche, di come la band, molto probabilmente sia affascinata dalla città di Roma e di come questa susciti in questi ragazzi sentimenti di un certo spessore, insomma di come a volte il luogo da cui si proviene è importantissimo, in particolar modo per la crescita di un musicista e di come ciascuno di essi interiorizzi determinati aspetti rispetto ad altri.
Non è un caso quindi che una delle band più rappresentative del gothic-rock metal italiano provenga anche da Roma, e sono i Novembre, e tante altre, ma parlando di affinità, io ne vedo diverse proprio con questa band. “Away From Light" è quindi un disco che vive di emotiva fragilità, espressa attraverso un mix perfetto di vari generi come il post rock, il doom, il gothic rock e alcune influenze metal. Potremmo citare ancora i soliti maestri come Katatonia, My Dying Bride, Paradise Lost per capire meglio in che territori ci troviamo, ma faremmo un torto ad una scena italiana molto florida in questo genere, con esempi come Klimt 1918, En Declin e Oblivio, tanto per citarne alcuni.
Parlando del disco in questione, come molte mi succede da molto tempo a questa parte, mi trovo in difficoltà nel citare episodi migliori o peggiori, perchè il disco personalmente l'ho inteso come un viaggio unico, una serie di episodi/brani legati tra di loro da un sottile filo conduttore e in cui ciascuno diventa la perfetta continuazione del precedente, oltre che l'ideale espansione, fino ad arrivare ad un finale in crescendo emotivo che completa l'opera.
E' comunque molto utile, a mio avviso, citare l'impegnatissimo Valerio Granieri, che riesce ad imprimere sia con la sua voce torbida e dimessa quel tocco malato e autunnale che permette agli altri musicisti (Gianluca Lucarini/guitar-vocals, Alessio Reggi/lead guitar, Marco Paparella/guitar-violin, Riccardo Ponzi/bass, Flavio Castagnoli/drums) di esprimersi su questa base di sicuro spessore e valore, dove ogni membro dà il suo fantasioso e prezioso contributo, seppure la sezione ritmica funga quasi sempre da accompagnamento molto ben calibrato senza dare ingiustificati scossoni che probabilmente mescolerebbero troppo le carte in tavola. Però sono indovinatissimi gli inserti di violino, strumento che apprezzo molto e capace di elevare a radice quadrata la malinconia di alcuni episodi.
Il disco ad un primo impatto potrebbe sembrare leggermente monotematico (o monocromatico...), ma se avrete la pazienza di ascoltarlo più volte con reale interesse, ne scorgerete la sua grandezza e il suo immenso potenziale a livello emotivo. Consigliatissimo per chiunque, ma in special modo per coloro che si cibano della frangia più malinconica del rock!
Recensore: M. Abominio
Voto: 8/10
Tracklist:
1) Ghosts Of Us
2) A Solitary King
3) Paranoia Pitch Black
4) Uterus Atlantis
5) December Remembrances
6) Until My Eyes Go Blind
7) Between The Dark And Shadows
8) Only The Cold
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